I numeri della criminalità minorile in Italia

Negli ultimi anni la criminalità minorile ha assunto una rilevanza crescente nel dibattito pubblico e nei rapporti ufficiali delle istituzioni italiane. Si tratta di un fenomeno complesso, spesso legato a dinamiche familiari, sociali ed economiche che interessano in particolare le fasce più vulnerabili della popolazione giovanile. Non si limita ai soli atti di microcriminalità, ma include reati sempre più gravi e strutturati, spesso aggravati dalla diffusione dei social media e da un contesto culturale che normalizza la violenza.

La criminalità minorile rientra ovviamente nella vasta gamma dei fenomeni sociali del terzo millennio, che sempre più spesso diventano oggetto di analisi da parte del mondo accademico. Non a caso diversi percorsi accademici, ad esempio un corso sulle relazioni internazionali all’università, affrontano il tema con specifici moduli ed esami, analizzando le cause e le conseguenze di comportamenti devianti tra i più giovani.

Secondo i dati diffusi dal Ministero della Giustizia, nel 2023 sono stati oltre 20.000 i procedimenti penali aperti a carico di minori. Le tipologie di reato più frequenti includono furti, rapine, lesioni, danneggiamenti e atti di vandalismo. Tuttavia, si registra un incremento anche nei reati informatici, nelle aggressioni di gruppo, nello spaccio di sostanze stupefacenti e nei fenomeni di bullismo e cyberbullismo.

L’Istat, nel suo rapporto aggiornato sulla devianza giovanile, evidenzia che circa il 70% dei minori denunciati ha un’età compresa tra i 14 e i 17 anni, e che il 12% dei reati minorili avviene all’interno delle mura scolastiche o nei pressi degli istituti. Un dato significativo riguarda la crescente partecipazione a reati commessi in gruppo: secondo Save the Children, nel 2022 circa un terzo degli episodi di violenza tra minori ha coinvolto più di due persone, spesso con una dinamica di branco che riduce la percezione individuale della responsabilità.

A livello territoriale, si osservano notevoli differenze tra Nord e Sud Italia. Le regioni meridionali, in particolare Campania, Sicilia e Calabria, presentano un’incidenza più alta di reati commessi da minori. Questo dato è strettamente connesso alla fragilità del tessuto sociale e alla presenza radicata di organizzazioni criminali, che offrono ai giovani un’alternativa, per quanto deviante, all’emarginazione economica e sociale.

Nelle regioni settentrionali, invece, la devianza minorile assume invece contorni differenti: spesso legata a disagio psichico, contesti familiari disgregati, isolamento sociale o consumo di droghe. In particolare, in Lombardia e Piemonte si registra un aumento dei reati legati alla violenza tra pari, con un’alta incidenza di aggressioni fisiche, talvolta filmate e diffuse online.

La risposta del sistema giudiziario tende a privilegiare misure alternative alla detenzione. Il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità promuove strumenti come la messa alla prova, l’affidamento a comunità educative o la mediazione penale. Tuttavia, secondo recenti rapporti ufficiali, il numero di strutture disponibili e la carenza di personale specializzato costituiscono ancora un ostacolo alla piena efficacia di questi interventi.

Infine, i dati indicano anche un legame diretto tra criminalità minorile e povertà educativa. Molti minori coinvolti in attività illecite provengono da contesti familiari fragili, segnati da abbandono scolastico, mancanza di riferimenti adulti stabili e assenza di opportunità formative o ricreative. Intervenire precocemente, attraverso un welfare più efficace e un’educazione inclusiva, appare dunque una condizione necessaria per prevenire l’ingresso dei giovani nei circuiti della devianza.