Dall'Italia

Leonessa d’Italia: quale città rappresenta e perché

Il soprannome “Leonessa d’Italia” in realtà è l’appellativo dedicato alla città di Brescia (seconda a Milano contando la popolazione che vi abita) dalla rivoluzione chiamata “Le Dieci Giornate”. Il suggerimento riguardo a questo epiteto proviene dal nostrano Giosuè Carducci che, nella composizione “Alla vittoria”, descrisse il coraggio dei cittadini di Brescia durante l’insurrezione definendolo “leonino” (fa parte delle Odi Barbare, pubblicate nel 1877). Andiamo però a scoprire nel dettaglio il perché di questa scelta, attraverso la parafrasi della poesia carducciana.

Brescia, la “Leonessa d’Italia” e le Dieci giornate

Va innanzitutto detto che Carducci non fu il primo ad impiegare questo appellativo per descrivere Brescia: il merito va ad Aleardo Aleardi, un poeta precedente, per il quale probabilmente Giosuè nutriva stima e ammirazione. Ma quale fu il contesto storico per cui Brescia fu definita tale dai due poeti? Il 18 marzo 1848, nella città di Brescia, sopraggiunse la notizia della fine delle Cinque Giornate di Milano, una rivolta in cui anche le città di Como e Bergamo si ribellarono e costrinsero l’esercito austriaco, allora sotto il comando di Radetzky, a ritirarsi in sconfitta; quest’ultimo, prima ancora di questo evento di tumulti, aveva lasciato una ristretta guarnigione di soldati nel castello di Brescia, mentre evacuava il resto della truppa austriaca dalle province lombarde che aveva occupato. Due giorni dopo, il 20 marzo l’esercito austriaco guadagnò l’alleanza del Regno di Sardegna e, passando per il Piemonte occupò a sorpresa la città di Novara, ottenendola attraverso una vittoria nel giorno 23 marzo. La popolazione che partecipò alla battaglia per riprendersi Novara venne esiliata ed inviata nelle altre città del Piemonte, e addirittura all’estero.  Quando, alcuni giorni più in là, la notizia arrivò a Brescia, venne sottovalutata e il popolo insorse di nuovo, combattendo una strenua lotta contro il generale Haynau, facente parte del presidio lasciato al castello, che aveva ottenuto il mandato di saccheggiare la città, approfittandone del disordine. Proprio con questa ultima lotta, durata dieci giorni, la città di Brescia si meritò l’appellativo di “Leonessa d’Italia”, grazie alla ferocia con la quale il popolo aveva posto fine al dominio austriaco nella loro città. Nella poesia di Carducci (il testo seguente), destinata alla pubblicazione nella raccolta delle Odi Barbare, viene descritta appunto la vittoria ottenuta.

“Alla vittoria” (in Odi Barbare, 1877), di Giosuè Carducci

Scuotesti, vergin divina, l’auspice
ala su gli elmi chini de i pèltasti,
poggiasti il ginocchio a lo scudo,
aspettanti con l’aste protese?

o pur volasti davanti l’aquile,
davanti i flutti de’ marsi militi,
co ‘l miro fulgor respingendo
gli annitrenti cavalli de i Parti?

Raccolte or l’ali, sopra la galea
del vinto insisti fiera co ‘l poplite,
qual nome di vittorïoso
capitano su ‘l clipeo scrivendo?

È d’un arconte, che sovra i despoti
gloriò le sante leggi de’ liberi?
d’un consol, che il nome i confini
e il terror de l’impero distese?

Vorrei vederti su l’Alpi, splendida
fra le tempeste, bandir ne i secoli:
“O popoli, Italia qui giunse
vendicando il suo nome e il diritto.”

Ma Lidia intanto de i fiori ch’èduca
mesti l’ottobre da le macerie
romane t’elegge un pio serto,
e, ponendol soave al tuo piede,

– Che dunque – dice – pensasti, o vergine
cara, là sotto ne la terra umida
tanti anni? sentisti i cavalli
d’Alemagna su ‘l greco tuo capo? –

– Sentii – risponde la diva, e folgora –
però ch’io sono la gloria ellenica,
io sono la forza del Lazio
traversante nel bronzo pe’ tempi.

Passâr l’etadi simili a i dodici
avvoltoi tristi che vide Romolo
e sursi “O Italia” annunziando
“i sepolti son teco e i tuoi numi!”

Lieta del fato Brescia raccolsemi,
Brescia la forte, Brescia la ferrea,
Brescia leonessa d’Italia
beverata nel sangue nemico.